1943-1993 I cinquant’anni dei Focolari. Alla Festa manca la Fondatrice, la si celebra in canzoni.

“Il bambino sta all’adulto come il fiore sta al frutto. Il fiore non è certezza del frutto.”

Traduzione spontanea di questa citazione celebre di Christian Bobin


Da una corrispondenza leggiamo :

… Stamane ho ricordato “il miracolo della foresta”, dal racconto di Chiara Lubich sulla nascita della Cittadella di Fontem [Camerun] la Cittadella Maria Mai…

MA facendo la ricerca su Google non ho trovato il video che mi aspettavo e invece sono caduta su questo ricordo. Non ho potuto ignorarlo … anche se… è ben lontano da me l’aderire oggi a questi contenuti …

Vi mando questo YouTube sperando che lo pubblicherete e che si presenti da solo per i cinquant’anni in cui la Chiesa Cattolica ha creduto fermamente – penso – e approvato ciecamente – facendo gravi errori di Discernimento – tanti di questi Movimenti detti ecclesiali e Nuove Comunità che hanno anche causato drammi per persone in buona fede nel Popolo di Dio. Ci sono stati e ci sono abusi di potere, di coscienza, finanziari e sessuali. Sono convinta per la stessa causa che Papa Francesco indica per la Chiesa intera : IL CLERICALISMO. Intendo per questo quell’atteggiamento che non solo possono avere i preti, i vescovi e i cardinali che non sono uomini di Dio, ma tradiscono il loro essere più profondo, ma quel clericalismo che in modo uguale viene applicato dai responsabili delle Nuove Comunità o da quelli dei Movimenti religiosi all’ora attuale.

Mi sono confrontata con un Canonista che reputo esperto, cauto e prudente e nello stesso tempo aperto e capace di verità. Ho posto la domanda su una frase citatami da un amico recentemente in ricordo di Paolo VI che nel 1972 avrebbe fatto durante l’omelia del 29 giugno, festa dei SS. Pietro e Paolo, la seguente affermazione riportata da Vatican.va pagina 4 – ultimo paragrafo :

“Riferendosi alla situazione della Chiesa di oggi, il Santo Padre afferma di avere la sensazione che “da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio”. C’è il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto. Non ci si fida più della Chiesa; ci si fida del primo profeta profano che che viene a parlarci da qualche giornale o da qualche moto sociale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita. ecc…”.

Il Canonista mi ha raccontato che alla chiusura del Concilio Vaticano II, varie interpretazioni le più disparate portavano a pratiche sconcertanti e strane e anche i più fedeli alla Chiesa Cattolica erano disorientati. …

Gli ho detto che nel 1972 io ero impegnata con il Movimento dei Focolari come Gen 2 e ora sono del parere che questa opera non può essere opera di Dio per una serie di motivi che non solo io conosco bene – lo constato dai vostri scritti – ma non sono certa che la Chiesa Istituzionale ne sia al corrente e quindi non può tener presenti per un giusto Discernimento.

Se avrò l’occasione mi spiegherò più lungamente, per ora non occorre !

Il Canonista, che conosce il mio percorso, ha aggiunto che in quel tempo era probabile che il Santo Papa Paolo VI avesse considerato che in questi gruppi ci fossero … in fondo, in fondo … molti più buoni cristiani fedeli alla Chiesa Cattolica che non in generale e quindi ha benedetto questi gruppi e ne ha protetto la crescita… ecc… ecc… “

Mi è sembrato un discorso ragionevole anche argomentato con esempi personali e con sfumature del “pro” e del “contro” che mi lasciavano nella libertà di avere uno spirito critico circa questa sua lettura della storia della Chiesa.

Proprio per questo ho deciso di ascoltare questa STORIA in CANZONI con pezzi anche letti, una danza e le presentazioni molto significative di uno dei primi focolarini che conclude con una frase che mi ha lasciato senza fiato.

Premetto che ho riconosciuto tantissime persone che nel tempo ho apprezzato, amato sinceramente e troppo venerato per non dire adorato se si parla di Chiara Lubich, la si venerava come “la Vicaria di Maria sulla terra” … e ogni sua parola era da attuare e perfino ogni suo desiderio da esaudire …

La sua lettera del 1948 … è impressionante !!!

Alcune canzoni che ho cantato anch’io, non sapevo fossero state scritte da Foco (Igino Giordani)… ad esempio quella con la spiegazione dei “disegni di dio” su queste creature … Chiara, Chiaretto (Don Pasquale Foresi), e lui stesso Foco…

Cari Amici, se vorrete pubblicare questa mia riflessione ad alta voce forse farà riflettere altre menti, “piangere altri cuori”, e chiudere altri stomaci oltre il mio… è stato duro arrivare alla fine dell’ascolto… troppi sono i feriti spirituali e i morti, vittime di omicidi o suicidi spirituali e fisici (penso a dei suicidi che sono realmente accaduti) per la “Nuova Legge” di questa “Nuova Umanità”…

… Ho letto uno dei vostri titoli ed è la mia perenne domanda “come la Chiesa non ha potuto accorgersi ?” … e aggiungo certamente sotto la mia personale responsabilità – come può la Chiesa sopportare le derive settarie esistenti in questi gruppi, che restano approvati, supportati e applauditi ancor oggi – quando le testimonianze che anche voi pubblicate dicono che niente viene messo in opera per un cambiamento radicale?

… Vi ringrazio per la vostra audacia nel mettere a nudo delle realtà che, senza alcun dubbio ma con tanta tristezza, posso confermare anch’io con le sfumature che sono le mie.
Renata Patti

Una lettrice circa 4 giorni fa ci aveva scritto della sua permanenza a Fontem citando proprio questo video di Chiara Lubich … ricopiamo qui la sua testimonianza.

Non è facile iniziare a raccontare una storia che per qualche anno si è cercato di dimenticare per cercare di ricostruirsi una vita da quelle poche “macerie” che erano rimaste…soprattutto se ad un certo punto ci si era convinti che la sbagliata fossi io…

Avevo scritto tanti documenti della mia storia quando ero ancora nell’Opera, ma ora vorrei condividere l’esperienza di quando mi quando mi stavo allontanando alla ricerca di dialogo, soluzioni, verità…ma nel tentativo di ricominciare tutto…

Dovrò fare uno sforzo per ricostruire tutto perché pensavo di averlo dimenticato e invece mi sono resa conto che è solo nascosto in un angolo remoto della mia mente…

Ho conosciuto il Movimento dei Focolari prestissimo perché nel mio paese d’origine c’era e c’è una presenza molto forte del Movimento Diocesano. Si è iniziato come forma aggregativa come una sorta di oratorio del sabato pomeriggio: si iniziava con “l’incontro” dove si leggeva la parola di Vita o un’altra breve meditazione e si raccontavano le esperienze. C’erano tantissime persone che frequentavano tanto che ci si divideva in base alla classe scolastica tipo quinta elementare, prima media ecc…fino alle superiori ma sempre rigorosamente divisi per sesso di appartenenza. Dopo l’incontro si giocava e si organizzavano tante attività tipo pizzate, cocomerate, giochi.

In estate c’erano i capi scuola e se si partecipava a tutti c’era una sorta di “promozione” per essere inseriti in particolari gruppetti oppure per diventare l’assistente di altri gruppi… in epoca adolescenziale era normale ritrovarsi tra maschi e femmine a giocare a pallavolo e iniziavano le prime storielle d’amore ma questo veniva subito fermato perché non andava bene, come se fosse una cosa sbagliata direi quasi “sporca” e penso che questo modo che mi era stato inculcato me lo sono portato dietro per anni…direi fino ad adesso.

In questo contesto iniziarono i primi disagi tanto che ci fu l’abbandono di tante persone in contemporanea compresa me: ma per quanto mi riguarda ero affascinatissima dall’ideale e non me la sentivo di abbandonarlo per cui ero rimasta in contatto diretto con le Pope (nome con il quale si chiamano le Focolarine, dal dialetto trentino di Chiara Lubich. Il significato è “bambine”) del Focolare di riferimento e ho continuato a partecipare ad incontri organizzati da loro li in zona o ai raduni più grandi tipo al Centro o a Loppiano e cercavo di frequentare il Focolare dove andavo. Davo una mano cucinando e preparando quante più cose possibili cosi da lasciare pronto per le focolarine impegnatissime tra lavoro ed apostolato.

Per l’università mi sono trasferita fuori regione e ho continuato in questo modo. Mi sono laureata in Medicina e Chirurgia e grazie ai contatti che avevo con il Movimento sono riuscita a fare la specializzazione che desideravo anche se non avevo fatto la tesi in quella disciplina. Mi sono trasferita in una grande città del nord e all’inizio sono stata ospitata nella casetta Gen fino a quando non ho trovato una sistemazione autonoma.

Iniziando a lavorare in ospedale mi sono ritrovata a fare un lavoro che adoravo sia come professionista che come sfaccettature umane. Mi sentivo in un certo senso “potente” e davvero uno strumento di Dio. Più volte mi sono chiesta se avessi la vocazione ad una vita dedicata totalmente a Dio e ai fratelli ma il non saper rinunciare al mio lavoro mi ha fatto pensare che non l’avevo. Però ho sentito l’esigenza di impegnarmi ancora di più nel Movimento perché avevo bisogno di attingere alla Spiritualità per poter compiere bene il mio lavoro. Cosi conobbi le Volontarie e lì mi sentii davvero a casa, era la “mia vocazione” quel farsi “santi” attraverso il lavoro…ho messo tutta me stessa in questo percorso che, un po’ come per le focolarine, prevede alcuni anni di formazione come pre-Volontaria e poi l’ingresso nella Branca in maniera più ufficiale addirittura con la consegna del regolamento della Branca delle Volontarie e di Umanità Nuova, come se quelli fossero i “nostri” voti.

Le circostanze hanno voluto che dopo un anno mi ritrasferissi nella città dell’Università e anche lì ho continuato il mio percorso. Per partecipare agli incontri di pre-nucleo facevo circa 100 km perché era l’unico, ma non mi pesava perchè mi davano la forza e l’energia per affrontare la quotidianità.

L’Opera si stava insinuando sempre più dentro di me e penso che stavo iniziando ad annullarmi aderendo ai suoi schemi ed in certo senso cominciavo a sottomettermi ai loro rigidi modi di fare.

Ma essendo una persona molto pratica era facile perché era come mettere in pratica sia la parte più spirituale (meditazioni, temi dell’anno) che quella più pratica attraverso l’applicazione del regolamento: ad esempio l’aspetto del rosso (lavoro ed economia) era normale lavorare bene quindi studiare, aggiornarsi e nello stesso tempo dare un contributo economico all’Opera non solo come superfluo ma partecipando con una quota fissa mensile.

Sia prima, come pre-volontaria, che dopo, come volontaria era abbastanza facile in quanto eravamo tutte giovani e quindi con le stesse esigenze Avevamo la propensione ad andare “fuori” e se si faceva un lavoro “importante” si era più considerati cosa che ho avuto modo di constatare anche negli anni successivi.

Finiscono gli anni della Specialità e decido di trovare lavoro nella mia zona di origine, così sono rientrata nell’Opera come Volontaria in quella zona.

Sono stati anni impegnativi e pieni ma stavo bene e mi sentivo serena e felice. Facevo un lavoro che adoravo e tutto il tempo rimasto ero impegnata in qualche modo con l’Opera. Le uniche amicizie che avevo erano legate al Movimento. Sono anche stata per alcuni anni responsabile di nucleo compito che cercavo di portare avanti insieme alle altre evitando le cose che a me nel corso degli anni non erano piaciute tipo la figura del “capetto”, ma cercando di coinvolgere sempre le altre e soprattutto valorizzare i “talenti” di ognuna.

A quel momento mio padre si ammala di una grave forma tumorale non curabile ma che comunque gli ha permesso di stare bene fino a pochi giorni prima di morire.

Ho cercato di fare il meglio per lui come figlia-medico. Alla morte di mio padre è stato normale raccogliere offerte a favore del Progetto Africa che in quegli anni era “tornato di moda” e alla sua morte ho avuto una vicinanza molto forte da tutti i membri del Movimento che conoscevo.

Con questo evento a mio avviso iniziano tutta una serie di vicissitudini sia con la mia famiglia di origine e poi con quello vissuto sul lavoro che mi segneranno per sempre una sorta di “vaso di Pandora”.

L’anno successivo ho trascorso tutte le mie ferie a Fontem.

Chiara Lubich a Fontem (Camerun) Cittadella Maria Mai

Nei mesi precedenti la partenza ho cercato di mettere insieme quanto più materiale possibile: farmaci, presidi, apparecchiature coinvolgendo l’ospedale dove lavoravo, farmacie, colleghi e rappresentanti. Sono partita insieme ad una ragazza che però non era del Movimento ma che aveva conosciuto Fontem e voleva dare il suo contributo tanto da restare lì per qualche mese.

Siamo andate in un periodo in cui la stagione delle piogge non era ancora terminata e ci hanno fatto alloggiare in una casetta Gen, una casetta singola non vicinissima al focolare-centro zona e praticamente immersa nella foresta. C’erano dodici ore di luce e 12 di buio per cui la sera ci si ritirava in casa con la nostra torcia.

Dopo aver pagato il viaggio, abbiamo dovuto provvedere al nostro sostentamento con le poche cose che potevano essere reperite lì. 

Abbiamo avuto più disponibilità da parte di un focolarino che ci accompagnava al villaggio vicino per la spesa e un paio di volte ci ha inviate a cena. Il focolare era una casa normalissima stile occidentale con ogni confort.

Quando ho iniziato a dare il mio contributo all’ospedale sia come medico generico che come specialista ho iniziato a vedere le prime cose che non andavano bene. L’ospedale era a disposizione di quel territorio ma i suoi servizi erano a pagamento. Per ogni cosa c’era una tariffa: per le visite, per gli esami, per gli interventi, per i farmaci (anche se questi molto spesso erano il risultato di donazioni e non di acquisti), un po’ come per il materiale che io ho portato gratuitamente ma che i pazienti avrebbero dovuto pagare.

C‘era proprio qualcosa di ingiusto, di stonato ma comunque ero intenzionata a “vivere un’esperienza forte e meravigliosa”, tanto più che condividevo tutto con le volontarie del mio nucleo e quelle con cui avevo un rapporto un po’ più stretto e addirittura si facevano gli incontri di nucleo via Skype.

Anche al di fuori dell’Ospedale ho trovato una realtà ben diversa da quella che avevo immaginato: le persone abitavano ancora nella capanne di terra senza servizi , quelli più fortunati avevano un tetto di lamiera ma quasi tutti possedevano un telefonino. Nel negozietto locale si vendevano beni di prima necessità ma erano le multinazionali a fare da padroni, una cosa che mi ha molto colpito è che praticamente nessuno teneva un animale tipo una capra o una mucca per il latte e compravano il latte in polvere, tra l’altro costosissimo.

Ho conosciuto una “volontaria” italiana in loco da tantissimi anni, direi una delle fondatrici di Fontem, ormai anziana ma che comunque continuava a dare il suo contributo e con me si lamentava del fatto di sentirsi sola.

Le focolarine non solo non la coinvolgevano più di tanto nella vita dell’Opera ma neache le davano una mano per potersi procurare quanto necessario considerato anche il fatto che aveva un misero stipendio.
Soffriva molto anche della non considerazione da parte del Centro. Però preferiva non tornare a trascorrere la vecchiaia nel suo paese d’origine ma preferiva morire a Fontem dopo aver speso tutta la sua vita per quella popolazione.

Durante quel periodo mi sono molto dedicata alla formazione perché credevo e credo che queste popolazioni vadano rese autonome.
Al mio ritorno mi sono adoperata in tutti i modi affinché il percorso di formazione avviato continuasse anche coinvolgendo i consiglieri dell’Africa, mi sono recata più volte al centro dell’Opera sembravano interessati a quanto dicevo ma alla fine ho dovuto desistere perché non c’era la volontà di cambiare e neanche di provarci (lo stesso modo di fare l’avrei trovato anche negli anni successivi all’interno delle varie branche e strutture dell’Opera).

Era più facile continuare a raccontare la Favola di Fontem e continuare a dipingerla come “il miracolo della foresta” anche se io di miracoloso ho visto ben poco. Sicuramente era un progetto partito benissimo ma poi arenato, con i focolarini coinvolti che comunque erano abituati a quel modo di fare e difficilmente avrebbero cambiato la loro routine.

Al lavoro avevo raggiunto una posizione invidiabile in pochissimo tempo fino a quando un giorno si è verificato un problema con un collega (primario). Il collega in questione si era già comportato in maniera simile con altre persone e quel giorno era toccato a me. Avevo chiamato il mio primario che non aveva reagito lasciando che la situazione coinvolgesse non solo me ma anche un’altra persona presente che subito è stata trasferita.

Avevo parlato di questa difficoltà con le volontarie  più “anziane” perché ormai ero convinta che bisognava percorrere certi percorsi di denuncia e verità. Avendo pienamente ragione mi hanno spronata ad andare avanti per evitare anche in futuro abusi di potere ma purtroppo nessuno aveva pensato che scontrarsi con un sistema marcio non avrebbe portato nessun risultato anzi in qualche modo la situazione ci si sarebbe rivolta contro.

Facile comprendere che la situazione lavorativa sia precipitata in negativo anche se cercavo di continuare a fare come ho sempre fatto.
Assurdo far credere che bisogna agire in un certo modo quando in realtà tutti nell’Opera si comportano salvaguardando i propri interessi e posizioni.

Ad esempio sembrerebbe che l’evasione fiscale non esista all’interno del Movimento quando invece tutti si comportano come la maggior parte dei cittadini italiani, una volta che avevo fatto questa osservazione mi è stato detto che era semplicemente “legittima difesa” contro un sistema non giusto.

In questa situazione di difficoltà ho ricevuto una proposta di lavoro nettamente vantaggiosa dall’Università dove avevo studiato e tutto mi ha portato a decidere per il trasferimento. Una volta preso servizio nel nuovo ospedale capisco in pochi giorni che dovevo semplicemente sostituire qualcuno con una situazione lavorativa davvero scadente.

Ovviamente avverto un senso di disagio profondo anche perché non potevo far niente per tornare indietro o rimediare visto che la storia successa con quel primario mi ha chiuso definitivamente le porte per quell’ospedale. Ho iniziato a perdere peso e in pochi mesi sono arrivata ad una situazione delicata ma da me voluta perché con il mio modo di fare volevo semplicemente lasciarmi morire.

Con le Volontarie i rapporti non cambiavano anzi io ho continuato ad essere quella che sono sempre stata partecipando a raduni, nuclei e ho continuato anche nel mio ruolo di responsabile di nucleo trascinando le altre ad essere quello che saremmo dovute essere secondo quello che Chiara aveva pensato.

Si decide per un periodo di astensione dal lavoro per riprendere un po le forze e per non farmi stancare molto ma in quel periodo il Movimento e le persone del Movimento mi hanno chiesto ancora di più.

Ad esempio il dover fare da assistente ad una volontaria che doveva sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico a centinaia di km lontana da casa, il girare per medici e prefetture a richiedere firme per una volontaria che stava facendo una pratica di adozione, andare a prestare il servizio come medico durante i congressi delle Volontarie, ecc…ovviamente con dei costi a mio carico.
In questa situazione mi hanno allontanato anche dalla mia famiglia di origine sostenendo che erano loro la mia famiglia, non solo, ma anche interferendo nei rapporti con le poche amicizie che avevo.
Ad un certo punto non avendo più compiti straordinari da fare e con la scusa che dovevo riposarmi sono stata semplicemente messa in un angolo (mi sono resa poi conto che non sono stata la sola ma la prima di una lunga serie…), come qualcosa di usato che non andava più bene e mi hanno dato la “mazzata finale”.

Ho fatto numerosi colloqui con la responsabile della branca, la capo-zona, il centro dell’Opera ma non c’è stato nulla da fare mi hanno semplicemente messo nella condizione di andarmene.
Sono stati un paio d’anni difficilissimi: il lavoro ormai lo detestavo e anche adesso non ho più la passione con cui ho iniziato anche se sono riuscita a riavvicinarmi a “casa”, i rapporti con la mia famiglia ormai si erano raffreddati ma soprattutto la cosa ancora più grave è che sono rimasta sola in un momento della vita dove è difficilissimo creare nuovi rapporti e amicizie.

Tutta questa situazione mi ha anche fatto allontanare dalla Chiesa e dalla fede.
Alla vigilia dei quarant’anni rivedendo il “fallimento” sia lavorativo che come persona ho deciso di costruirmi una mia vita cercando di avere quello che avrei sempre voluto: un figlio. Avrei costruito la mia famiglia e dato un senso al lavoro. Dopo qualche tentativo eseguito all’estero secondo le leggi di quel posto sono riuscita ad avere un bimbo meraviglioso che mi ha fatta rinascere e riaprire i rapporti con la mia famiglia.

L’esperienza avuta all’interno del Movimento mi ha lasciato una sorta di allergia per tutto quello che potrebbe essere “chiesa” e fede ma anche verso tutte le piccole realtà che in qualche modo sono chiuse tipo un semplice gruppo di yoga, pubblica assistenza, associazioni di volontariato ecc.

Il Movimento mi aveva fatto credere che era la strada per la perfezione, per la santità e tutto il resto era inferiore. Ti fanno sentire importante e penso che sia normale che in qualche modo ci si creda ma in realtà sei semplicemente una pedina o uno strumento da usare. Si può ragionare con la testa propria fino ad un certo punto perché quando denunci situazioni sbagliate vieni semplicemente ignorato e messo in un angolo.  
Credevo molto in quel “siate una famiglia”, testamento di Chiara Lubich, tanto che ero disposta a fare di tutto e avrei fatto di tutto, ma poi la realtà è ben diversa.
Nel momento in cui di fatto ho lasciato non ho avuto più nessun contatto, ho aspettato a lungo anche una semplice telefonata che non è mai arrivata. Si crea una condizione di isolamento che ti fa sentire sbagliata in ogni luogo e perfino nella propria casa, e quasi che cerchi una sorta di riscatto in tutto quello che si fa. 

… Questi sono semplicemente flash anche perché per ogni aspetto si potrebbero scrivere pagine intere ma se in qualche modo posso essere d’aiuto per comprendere i reali meccanismi che ci sono dietro sono disposta a rivivere quello che invece avevo cercato di seppellire.