Vita di Focolare: confronto tra teoria e prassi

Cominciamo con una delle quattro interviste rilasciate da Chiara Lubich nel 2002 in esclusiva a Charisma’s Production (UK) realizzate da Sandra Hogget e uscite con il titolo : “Faccia a faccia con Chiara Lubich”. Chiara Silvia Lubich fondatrice dell’Opera di Maria/Movimento dei Focolari riceve Sandra Hogget nel suo appartamento a Rocca di Papa.

Una di queste interviste pensiamo sia centrale. Il titolo è “Un Carisma di Luce”

Chiara Lubich parla molto apertamente di sé stessa, del “suo carisma” e di come “Dio l’ha scelta per portarlo nel mondo”. Dice il come, essendo stata scelta per questo grande Ideale, era illuminata da Dio e “ancor oggi io sono guidata” … come lei andava avanti di illuminazione in illuminazione dice: “sopra il mio pensare si è sistemata una luce che era un po’ il mio pensare e un po’ il pensare di un altro” . Spiega come fin dai primi tempi a Trento lei diceva alle sue prime compagne ogni cosa prevedendo tutto del movimento che si sarebbe sviluppato fruttando un’arte nuova, una politica nuova … anche una nuova dottrina. Il giorno di Cristo Re avevano chiesto “in eredità tutte le genti” fino agli ultimi confini della terra… “e tutto si sta avverando” !!!

Focolari, discernere un carisma: il vescovo De Ferrari, Chiara Lubich e i giovani [articolo su La Stampa del 05/06/2017].

Una ricostruzione storica delle origini del Movimento
nel nuovo libro di Lucia Abignente

(Vice-Postulatrice nel Processo della Causa di Beatificazione di Chiara Silvia Lubich ).

… «Abbiamo sentito in lui [nel vescovo di Trento, Carlo De Ferrari], penso per la prima volta, la maternità della Chiesa», ha testimoniato Palmira Frizzera, una delle prime focolarine, che, come ha fatto Marco Tecilla uno dei primi focolarini, ha messo a disposizione di Lucia Abignente capitoli delle loro autobiografie inedite, consentendole di proporre racconti in diretta. Sequenze capaci di restituire quell’intensità di relazioni autentiche che torna a più riprese in molti scambi epistolari: carteggi valorizzati insieme a diversi testi dove si incontrano figure come quella di padre Giovanni Battista Tomasi incaricato di seguire l’Opera nascente, Igino Giordani, Pasquale Foresi, diversi collaboratori e via dicendo.

Del resto troviamo confermata la piena “paternità” di De Ferrari nei confronti del Movimento nella nota lettera del ‘56 – indirizzata «a chiunque» – che permise ai focolarini di presentarsi in diverse città con le più rassicuranti credenziali del “loro” arcivescovo. Si trattava di qualcosa che quel vescovo sentiva profondamente. Fu lui, poi, in una lettera dell’aprile 1951, quando non era affatto scontata né l’esistenza del Movimento né la posizione di Chiara, a scrivere a Giordani: «Il merito dei focolari è tutto vostro: quanto a me non ho che da ringraziare la grazia di stato la quale mi ha impedito di avversare, come molti fanno, non foss’altro il colossale desiderio di bene delle buone figliole che hanno iniziato il Movimento, pagando di persona e dandogli consistenza coll’attuare un Ideale quanto semplice altrettanto sublime».

Certo non la pensavano come lui altri vescovi. E più volte, specie negli anni successivi, la “questione focolarini” avrebbe occupato oltre che l’ex Sant’Uffizio le plenarie della CEI. Si ricordi, solo per fare un esempio, quella alla fine dell’ottobre ’57, quando Giovanni Urbani, arcivescovo di Verona, non esitò a stigmatizzare la nascita di “Gruppi o Cenacoli o Movimenti” «attorno a qualche laico – uomo o donna – di spiccata personalità» (alludendo chiaramente alla Lubich), quando monsignor Mario Jsmaele Castellano, assistente nazionale dell’Azione Cattolica, affermò che: «Il Movimento dei cosiddetti Focolari, che toglie i migliori elementi all’AC, è laicista, nel senso che agisce all’insaputa del Vescovo e si orienta verso i doni carismatici». O quando il cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, paventò i suoi timori con queste parole: «La Gerarchia può vedersi superata da un’altra gerarchia spirituale, carismatica».

Certissimo il dato di un conflitto ecclesiale che intorno al modello comunicativo di Chiara Lubich continuò, trovando sempre più ostacoli tra i vescovi, meno al Sant’Uffizio che pure ne passava sotto la lente parole e gesti. «Ringraziamo intanto il Signore che è evidentemente dalla nostra. Intanto “W il cardinale Pizzardo!”. Nell’attesa saluti affettuosi e calorosa benedizione», scrive De Ferrari a don Foresi e ai focolarini l’1 luglio 1959. Ne da conto, persino nei dettagli, Lucia Abignente ricostruendo l’analisi della “questione focolarini” in sede CEI, ad esempio, nell’Assemblea generale del 15 ottobre ’59 che trovò i vescovi presenti in parte favorevoli, in buona parte ancora contrari. La proposta, partita da Parente, di affidare i focolari ad un vescovo o ad un prelato trovò il consenso dei più. E tuttavia, già nel febbraio del ’60, quasi un colpo di scena, arrivò la comunicazione del divieto per il clero secolare, le religiose e i religiosi di appartenere al Movimento e partecipare alle sue manifestazioni: un provvedimento del cardinale presidente Siri accolto dai focolarini in un atteggiamento di obbedienza, così come avvenne dopo gli echi della relazione negativa su di loro che l’assemblea generale della Cei discusse nel novembre di quell’anno con giudizi taglienti («manca una chiara ed organica dottrina spirituale», «è alterata la vera dottrina cattolica circa punti fondamentali», «esiste una diffidenza, negli ultimi tempi manifestata meno apertamente, verso il controllo ecclesiastico»).

Per la commissione si trattava di un Movimento infetto da uno pseudo misticismo naturalistico, pericoloso a tal punto da dover essere sciolto in ogni struttura. Se è vero che la maggioranza dei presenti accettò quelle conclusioni, non mancarono però presuli che ne presero le distanze non concordando sull’opportunità di un’immediata soppressione. Tra questi il cardinale Giovanni Battista Montini e con lui i cardinali Giacomo Lercaro di Bologna, e Maurilio Fossati di Torino. Nel suo secondo intervento, Montini fece una precisa richiesta messa a verbale: quella di avvertire De Ferrari prima di ogni provvedimento. Il futuro Paolo VI non aveva ignorato la lunga lettera ricevuta alcuni giorni prima dall’amico Giordani sul caso: che così ritornò alla “Suprema” facendo andare le cose diversamente.

«Quali le ragioni che abbiano impedito il decreto di scioglimento dei focolari lo dirà il giudizio della storia. Il passare del tempo e la possibilità di nuove ricerche potrà un giorno portare luce se un fattore sia stato determinante o in più vi abbiano contribuito: potrà render noto quale, ad esempio, sia stato il parere e il lavoro di membri del Sant’Uffizio ancor prima del passaggio alla CEI; potrà chiarire in che misura abbia influito l’autorevolezza di una minoranza qualificata nell’ambito dell’Assemblea Plenaria del novembre 1960 […] contrari alla soppressione immediata; potrà approfondire la questione dell’amicizia tra Roncalli e monsignor de Ferrari e se essa abbia avuto dei riflessi sulle decisioni di Giovanni XXIII, ecc. A dare una panoramica che possa rendere già da ora più completo il quadro e oggettivo il giudizio, va segnalata anche l’ampia relazione di difesa, richiesta dal Sant’Uffizio a don Foresi e da lui consegnata nel gennaio 1961», scrive nel volume Lucia Abignente. …”

Il nuovo libro di Lucia Abignente sarebbe da paragonare con attenzione a ciò che il confondatore Igino Giordani scrisse di Chiara Lubich e la sua opera in Storia di Light i testi del capolavoro segreto di “Foco” uscito su Nuova Umanità nel febbraio 2019.

Con “Paressia” iniziamo il CONFRONTO promesso tra le teorie di Chiara Lubich e la prassi vissuta in Focolare.

Una testimonianza raccolta da Sophie F. lo scorso giovedì 8 agosto 2019 dopo un lungo contatto telefonico avuto con la persona che ci ha dato il consenso di pubblicare il suo scritto.

Sophie e almeno altre quattro ex-focolarine affermano con espressioni simili a questa dopo aver letto la testimonianza che segue :

“E’ impressionante come le nostre vicissitudini nel movimento dei Focolari siano realmente sovrapponibili.”

Certo aggiungendo le particolarità personali, ma

“nell’insieme si assomigliano tutte perchè il movimento ecclesiale dal quale siamo fuggiti/e ha tutte le caratteristiche di un gruppo settario. La deriva settaria è insita nella spiritualità dell’unità di Chiara Lubich tratta dall’esperienza del Paradiso ’49 dalla quale discende anche la struttura dell’Opera di Maria/Movimento dei Focolari”.



Trascriviamo qui la testimonianza ricevuta che è ben rappresentativa :

“Ho conosciuto il Movimento dei Focolari a 16 anni durante un evento dei Giovani per un mondo unito e sono rimasta subito colpita dall’ideale dell’unità. Ho quindi cominciato a frequentare le gen (giovani del Movimento) e il focolare.

Mi piaceva molto la radicalità nel vivere il vangelo calato nella vita quotidiana e sentivo che quell’esperienza corrispondeva pienamente al mio progetto di vita, tanto da decidere di dedicare tutto il mio tempo e le mie energie a quella nuova realtà che mi sembrava meravigliosa. Il mio tempo libero, oltre alla scuola, era dedicato a incontri, Mariapoli, convegni e coltivavo nel cuore la relazione con Dio attraverso la meditazione, la messa quotidiana e il rosario. Vivevo la comunione dei beni condividendo con il focolare regolarmente il mio superfluo e per questo cercavo di condurre una vita semplice e di orientarmi solo all’essenziale.

La dimensione dell’unità, che io avevo compreso come accoglienza dell’altro, valutazione condivisa nella realizzazione dei progetti individuali e comuni, comprensione attenta dei desideri e delle aspettative dell’altro, in una realtà di comunione profonda e di carità cristiana, mi sembrava la strada per la pienezza della gioia.

Tutto ciò che si presentava come sofferenza e negatività, veniva vissuto con l’atteggiamento di accoglienza della volontà di Dio in quella realtà che i Focolari chiamano di Gesù abbandonato, e in questa realtà mi sono immersa.

Eppure anche in quello stato di innamoramento, che mi faceva percepire bellissima la mia nuova vita, avevo da subito cominciato a cogliere alcuni aspetti del movimento che non comprendevo e non sempre condividevo.

Affidare la propria esistenza a “Gesù in mezzo”, alla fine si riduceva nel dover aderire alle decisioni dell’assistente gen. Mancare ad un incontro corrispondeva a non aver fatto la volontà di Dio, vivere l’unità si trasformava in annullamento della coscienza personale, la realtà di Gesù Abbandonato diventava la scorciatoia per insabbiare i problemi e non affrontarli in un atteggiamento di maturità umana.

Ricordo di aver scelto molte cose più per la paura di essere giudicata o di essere lontana dalla volontà di Dio che per la convinzione che fosse proprio quella la scelta giusta da fare.

Nonostante gli aspetti che non sempre comprendevo, a 19 anni ho sentito nascere il desiderio di consacrarmi a Dio nel Focolare e, visto che stavo frequentando l’Università, ho seguito un percorso di discernimento con le “focolarine esterne”.

Mi sono laureata svolgendo una tesi sull’economia di comunione e, per quanto mi sembrasse rivoluzionaria quella teoria che sembrava poter risolvere i problemi della redistribuzione delle risorse in senso equo e cristiano, la percepivo ancora come una modalità autoreferenziale e a circuito chiuso tipica del movimento. Non veniva contemplata come soluzione alla portata di tutti, ma solo rivolta alle imprese che aderiscono al movimento e l’utile, che si sarebbe dovuto mettere in comune, veniva assegnato ai membri del movimento. Ritrovavo anche qui una logica distorta di un atteggiamento di chiusura, che porta a cogliere la realtà sempre filtrata da schemi e impostazioni che diventano particolarismi poco fecondi e non conformi allo spirito dell’unica chiesa.

Dopo la laurea sono partita per il focolare con altre giovani della zona a cui facevo riferimento.

Da quel momento tutti gli aspetti, che già prima non condividevo, hanno cominciato ad apparirmi gravi e contrari alla mia coscienza e mi hanno creato turbamento e grande sofferenza.

Sono stata assegnata al focolare del Centro Mariapoli e sono rimasta lì un anno. È stata un’esperienza durissima per la realtà di vita comunitaria, con cui mi sono imbattuta, del tutto diversa dalla realtà di comunione a cui mi sentivo chiamata prima come cristiana e poi come futura sposa di Dio, secondo il mio progetto di vita.

Il mio lavoro consisteva nelle mansioni di pulizia, cucina e assistenza al self service. Penavo che lavorando mi sarei potuta almeno mantenere per le esigenze essenziali di vita, invece è stato chiesto alle famiglie delle ragazze, che come me erano appena arrivate, di contribuire al nostro mantenimento con una quota mensile. Una di noi si era licenziata dal suo lavoro a tempo indeterminato e aveva condiviso con tutti la sua automobile. Lavoravamo in media 8-10 ore al giorno, mentre nei giorni festivi, durante gli incontri o i convegni, anche 14 ore.

Ma non era la fatica fisica l’aspetto che mi creava difficoltà, quanto piuttosto il clima della vita di focolare.

Vedevo comportamenti nelle focolarine già consacrate che mi sembravano assolutamente contrari a ciò che credevo fosse la vita cristiana. Non esisteva la libertà di essere se stessi, non esisteva l’accettazione della persona, non si rispettava la gradualità di crescita nel cammino verso Dio, si facevano delle categorizzazioni tra le persone per cui chi era più importante veniva maggiormente riverito, non si teneva conto del vissuto di ognuno e quanto diceva la capo focolare corrispondeva sempre alla volontà di Dio. Percepivo atteggiamenti vessatori e poco rispettosi della psicologia e dell’anima delle persone. Le cose negative venivano insabbiate anche con bugie o negazione della verità.

L’ideale dell’unità è bello e grande, ma nella vita di focolare quell’ideale diveniva ideologia e non veniva calato nelle realtà particolari in cui ognuno si trovava.

Questo faceva spesso venir meno la carità anche nei confronti delle persone che si avvicinavano al focolare, ma tutte quelle, che a me sembravano storture, venivano ammesse in nome di un bene più grande.

La figura di Chiara Lubich veniva divinizzata a tal punto che non si poteva interpretare nessuno scritto, nessuna frase del vangelo, se non filtrata dal suo pensiero che ci veniva comunicato nei collegamenti, nei testi, nei video che venivano utilizzati per la meditazione giornaliera. Nemmeno i pensieri dei santi della Chiesa si potevano leggere, se non secondo l’interpretazione di Chiara. I film, le canzoni i telegiornali venivano censurati nelle parti che non si ritenevano conformi all’ideale.

Anche i comportamenti che si consideravano sbagliati venivano richiamati con veemenza, attribuendo la responsabilità di non “tenere Gesù in mezzo” a chi compiva errori di poco conto, come in un atto di violenza psicologica.

È nata in me una fortissima crisi di coscienza, perché non condividevo quanto mi veniva proposto di vivere e sentivo forte il bisogno di dovermi dissociare. Mi ricordo di aver più volte pensato che, se, per seguire Dio, dovevo diventare come quelle focolarine che vedevo, preferivo essere “zitella”.

Eravamo in sei nuove focolarine che aspettavano di partire per la scuola di Loppiano, ma io non sono stata considerata pronta, e non ero l’unica a percepire quel disagio.

Ho deciso quindi di condividere questi miei sentimenti, e posso assicurare che ciò è avvenuto col desiderio di mettere in comunione le mie sofferenze e i miei pensieri e in un clima di confronto e non di giudizio, pensando di risolvermi dentro, ma sinceramente credendo anche di vedere cambiare qualcosa fuori.
Quanto ho condiviso ovviamente non è stato accolto.  Inizialmente mi hanno detto che vivevo in modo negativo l’esperienza del focolare, perché non era la mia strada, poi un giorno mi hanno detto di stare attenta perché “il Diavolo è un angelo di luce” insinuando che era il Maligno che mi faceva parlare così e che volevo mettere divisione. Eppure io ho sempre assicurato loro con tutto il cuore che non ho mai voluto giudicare nessuno, ma solo condividere quanto stavo vivendo.

Però la sofferenza e la tensione interiore diventavano sempre più forti e ad un certo punto, di fronte a certe realtà viste e sentite, mi sono più volte ripetuta: “se questa è carità cristiana, io preferisco essere pagana!!!”.

Poiché ciò che stavo vivendo non era stato compreso e, visto che non mi sentivo bene nel vivere una vita, in cui, per fare unità, dovevo accettare cose che non mi sembravano sempre corrette, dopo in anno ho deciso di tornare a casa dal focolare, ma mi sono sentita considerata da loro non adatta e sbagliata.

Conosco inoltre la situazione di tante altre persone che hanno passato la stessa crisi all’interno del Movimento, per esempio, sono uscite dal Focolare per gli stessi motivi altre due ragazze che erano con me, anche loro con un’enorme sofferenza. Tutti quelli che uscivano venivano etichettati come reazionari oppure depressi oppure fragili, perché nel movimento si può rimanere solo se si aderisce completamente a quanto viene proposto/imposto.

Delle difficoltà incontrate ho parlato ancora, dopo essere tornata a casa, sia con i responsabili del Focolare sia con Chiara Lubich per iscritto, ma l’impressione che ho avuto è che quanto raccontavo veniva considerato come normale difficoltà di una vita di convivenza, che io non avevo saputo accettare e mi è stato consigliato di “prendere tutto dalle mani di Dio”. Questo mi è parso un atteggiamento semplicistico, tipico del movimento che occulta i problemi o li cela dietro alla realtà di “Gesù Abbandonato”.

Mi pare che amare significhi anche evitare che tante persone vengano rifiutate o respinte facendo loro credere di essere sbagliate, presuntuose, superbe, poco docili, egocentriche, nonostante abbiano dato tutto per il Movimento dei Focolari e per Dio.

In seguito a questa esperienza, per me dolorosissima, lotto ancora con una forte crisi di coscienza, con una fortissima sfiducia in me stessa e con il dolore enorme del cuore che gli anni di vita “con Gesù in mezzo”, come gen prima e come focolarina poi, mi hanno lasciato dentro.  Ho messo in discussione tutto quello in cui ho sempre creduto, compresa la fede in Dio e, anche se ho cercato di ricostruire la mia vita e di continuare a spendermi in una dimensione di dono e di impegno sociale, sento dentro che il vuoto del cuore non si è mai più riempito. Ho poi intrapreso un percorso di conoscenza di me stessa e mi sono accorta che l’amore vero è fatto di cose semplici e di tanta delicatezza nei confronti del prossimo, di rispetto di sé e degli altri anche nelle difficoltà e nei dubbi, questo amore nel focolare non l’ho mai sperimentato.

Mi è stato detto dalla capo zona di allora e anche da altre focolarine del Centro dell’Opera, che mi hanno scritto in nome di Chiara, che, quando si è veramente chiamati per una strada, si vedono le difficoltà, ma queste non condizionano la nostra motivazione e che  la bellezza delle opere di Dio rimane nonostante gli errori umani.

Eppure io penso che sia cristiano e caritatevole essere obiettivi e quindi vedere che, assieme a tanto bene che il Movimento porta nel mondo, ci sono anche tante sofferenze che lo stesso Movimento infligge a persone buone e disponibili, che si affidano con apertura ed impegno. Se è vero che la bellezza delle opere di Dio rimane nonostante gli errori umani, credo anche però che l’umiltà nel riconoscerli fa apparire le opere di Dio ancora più meravigliose.

Questa esperienza ha lasciato in me un fortissimo dolore, con cui ancora convivo, e mi ha fatto perdere la fede. Nonostante abbia continuato a cercare la mia strada, vivendo i valori dell’amore, della dedizione agli altri, dell’impegno e della responsabilità, che ancora mi guidano nelle scelte, non riesco a trovare dentro quella pace che mi fa sentire realizzata.

Oggi, dopo tanto tempo, sento il desiderio di raccontare il mio vissuto, perché credo sia importante che si conosca questa esperienza che non è solo mia, ma di tante, tante, tante altre persone.” 

Come invece i Focolarini parlano di Chiara ?
Sentiamo uno dei confondatori, Igino Giordani chiamato da Chiara “Focherello” e per tutti “Foco”.

Foco vede Chiara

Riportiamo di seguito una poesia che Igino Giordani chiamato FOCO scrisse dopo aver conosciuto Chiara.


Chiara: ed il cuore ci sobbalza in seno.
Chiara: ed il cielo tutto ride lieto.

Dietro il tuo nome, ratto arcobaleno
s’incurva a terra, ardendo, il Paracleto.

O giovinetta, che al Signor le porte
disserri lieve con le dita bianche,
di terra ecco ci levi membra morte 
e ci ravvivi creature stanche.

Spersa la colpa, doni ai cuori un volo, 
li trai con forza ad unità con Dio, 
quel Dio che vive, tuo Ideale, solo.

Tu ci rilevi col divino afflato,
tu persa al mondo per totale oblio,
tu sposa avvinta a un Dio Abbandonato.

Tu sposa al Cristo in croce Abbandonato 
superi i solchi delle ree fratture, 
vergine guida, mentre il delicato 
tuo tratto rende le anime più pure.

Tu copia di Maria figli ricrei,
li fai Gesù per ridonarli al Padre, 
fusi in un corpo mistico ove sei 
maestra giovinetta, vergin madre.

Noi quanti t’incontrammo in te la via 
trovammo per raggiunger il Signore, 
te figlia nata da Gesù e Maria.

Clarificati da quel tuo sorriso, 
godiamo persi in te il divino Amore, 
o porta spalancata al Paradiso.

Igino Giordani (estate 1950)

Meno poetico, ma altrettanto esplicito, Don Pasquale Foresi (1929-2015), chiamato dalla Lubich come se stessa al maschile, “Chiaretto”, e considerato confondatore dell’Opera di Maria/Movimento dei Focolari.
Fu il primo Focolarino Sacerdote. Per un periodo fu anche nominato dal Vaticano Assistente Ecclesiastico del Movimento e successivamente divenne co-presidente.
Ma lasciamo Chiara Lubich stessa spiegare “il disegno di Dio” su Chiaretto in questo video. In altre occasioni sempre Chiara Lubich stessa svelerà il suo e altri “disegni di Dio” su focolarine e focolarini.

“…Io ho due rapporti [con Chiara] uno è quello che sentono tutte le persone dell’Opera. Chiara è spiritualmente la mia mamma, perchè sono stato nutrito in modo formidabile da lei in tutti questi anni e con affetto profondo, mi sento suo figlio. L’altro aspetto fondamentale che avverto è quello che è scritto nei nostri Statuti Generali: la Presidente fa le veci di Maria per l’Opera. Quindi la sento per me “vicaria” di Maria, quella che mi porta dritto a Maria. Quando faccio unità con Chiara, mi sento immediatamente unito a Maria. …”

da “COLLOQUI domande e risposte sula spiritualità dell’unità” – di Don Pasquale Foresi – Editrice Città Nuova pagina 181.

“Lo ha scritto Don Pasquale Foresi, in questo libro, ma era convinzione comune fin dai primi tempi dell’Ideale”.

Tonadico di Primiero alla Baita Paradiso

Da segnalare un libro di massima importanza che a fine 2013 “ha rotto gli argini della cultura del silenzio”.

Il 19 maggio 2013, domenica di Pentecoste, in una piazza San Pietro gremitissima, Papa Francesco pronuncia un discorso duro contro l’integralismo dei movimenti laicali. “Una Chiesa chiusa è una Chiesa malata” esclama con forza. Parole in controtendenza con la filosofia di azione di gruppi che hanno fatto dell’autoreferenzialità un modello comportamentale. Diventati molto potenti, grazie agli stretti legami con gli ambienti politici e finanziari, questi ordini si sono progressivamente trasformati in “chiese nella Chiesa”, guardando dall’alto in basso il resto del mondo cattolico. Un elitarismo poco affine all’universalismo bergogliano… 
Esistono due Chiese, quella dei fedeli sparsi in tutti i continenti e quella dei movimenti laicali. Quest’ultimi sotto il pontificato di Giovanni Paolo II e in parte di Benedetto XVI hanno preso sempre più piede, influenzando in modo determinante il magistero papale e tradendo al contempo lo spirito del Concilio Vaticano II. In questo saggio vengono analizzate sette realtà laicali operanti in Italia: i Neocatecumenali, i Legionari di Cristo, i Focolari, Comunione e liberazione, l’Opus Dei, il Rinnovamento nello Spirito santo, la Comunità di Sant’Egidio. È ripercorsa la loro storia e quella dei loro fondatori, personaggi carismatici e discussi come Kiko Argüello, Chiara Lubich, Marcial Maciel Degollado, Andrea Riccardi, don Luigi Giussani, Josemaría Escrivá de Balaguer, il tutto corredato da interviste ad attivisti e fuoriusciti per dare un’idea la più completa possibile della galassia movimentista. Carlotta Zavattiero sostiene che il carrierismo politico ed economico, la struttura chiusa quasi settaria, l’arroccamento conservatore a difesa di una visione dogmatica antidemocratica degli ordini laicali, hanno frenato le istanze di un rinnovamento moderno del cattolicesimo. Tutto ciò – conclude – ha ben poco a che vedere con il messaggio evangelico e con quell’impegno sociale tanto richiamato da Papa Francesco.

Il titolo : “LE LOBBY DEL VATICANO. I GRUPPI INTEGRALISTI CHE FRENANO LA RIVOLUZIONE DI PAPA FRANCESCO” – di Carlotta Zavattiero – ed. CHIARE LETTERE.
Segue video della presentazione fatta dall’Autrice…